Torna attuale la domanda su come tutelarsi dal rischio di perdita del beneficio a causa di ritardi nei lavori della ditta edile
La mancata proroga per il Superbonus 110% aumenta l’incertezza per chi non ha completato i lavori in tempo. Il committente può tutelarsi contro ritardi dell’impresa edile attraverso azioni legali come l’intimazione ad adempiere, l’applicazione di penali contrattuali e, in casi estremi, la risoluzione del contratto. La prontezza nell’agire e la consapevolezza delle opzioni di tutela risultano essere cruciali.
Qui di seguito l’articolo completo di Money.
Superbonus 110%, come ci si tutela se la ditta non termina i lavori in tempo?
(Patrizia Del Pidio)
Con la quasi certezza della mancata proroga del superbonus 110%, torna attuale la domanda su come tutelarsi dalla perdita del beneficio a causa di ritardi nei lavori della ditta edile.
La proroga del Superbonus 110% non ha trovato posto nel Decreto Anticipi. Questo significa che con tutta probabilità il beneficio terminerà di esistere, così come lo conosciamo, dal 1° gennaio 2024 quando l’aliquota di sconto passerà per tutti al 70%. Chi ha avuto la possibilità per il 2023 di beneficiare ancora del superbonus al 110%, quindi, se non termina i lavori entro la fine di dicembre, si troverà nella situazione di pagare le spese che scivolano nel 2024 con uno sconto pari al 70% e non più al 110%.
Il problema principale che si riscontra da sempre nel Superbonus 110%, anche per le eventuali proroghe previste in passato, è che per aver diritto al godimento dell’agevolazione i lavori debbano essere terminati entro una determinata data. O che almeno una percentuale dello stato di avanzamento dei lavori (Sal) sia terminata entro una data stabilità.
La scadenza che, ormai, come una spada di Damocle penzola sulla testa dei condomini è quella del 31 dicembre 2023, data ultima per poter fruire dell’aliquota al 110% laddove si è riusciti a rientrare nella proroga (in caso contrario al 90%). Una scadenza che non dipende solo dal proprietario che gode del superbonus.
Lo stato di avanzamento dei lavori o il termine degli stessi, nella maggior parte dei casi, non sono imputabili al contribuente, anzi, il dover rispettare determinate scadenze è di competenza delle imprese edili che, a volte, non riescono a onorare il termine dei lavori pattuito inizialmente. Con il rischio di portare alla perdita di agevolazioni anche abbastanza consistenti.
Quello che va sottolineato è che durante il 2023, anche a causa dello stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura oltre che al problema dei crediti incagliati, non è stato inusuale che le ditte edili si siano trovate in grave difficoltà economica e nell’impossibilità materiale di proseguire i lavori avviati. Ma questo, ovviamente, non è un problema del contribuente che rischia di subire una sforbiciata alle detrazioni spettanti per le ristrutturazioni avviate e non concluse.
Come si tutela il committente dai ritardi dell’impresa edile?
La legge, ovviamente, prevede delle tutele per il committente se la ditta edile dovesse interrompere i lavori o non portarli a termine per la scadenza pattuita. I mezzi di tutela vanno dall’intimidazione ad adempiere a quanto sottoscritto alla richiesta del risarcimento del danno causato dall’inadempimento.
Ovviamente, per essere tutelati bisogna procedere per vie legali e in questo caso il contratto che le parti hanno sottoscritto può essere una prova inconfutabile degli obblighi a cui doveva sottostare la ditta edile, ma non è indispensabile.
In mancanza del contratto, infatti, basta una qualsiasi prova documentale come, ad esempio, un preventivo della ditta stessa. È necessario, in questo caso, provare che tutti i lavori siano stati affidati all’appaltatore nello stesso momento e non in tempi diversi.
Su cosa si configura l’inadempimento?
L’inadempimento dell’impresa edile si determina sulla differenza delle opere previste dal contratto o dal preventivo e quelle non realizzate.
Anche nel caso di effettuazione di parte di lavori, abbandonati senza portarli a compimento, si configura un inadempimento totale nel caso di natura indivisibile dell’opera da realizzare. Se i lavori da realizzare sono diversi e ne sono stati portati a compimento alcuni e altri no l’inadempimento è parziale.
Cosa fare in assenza di un contratto
Come dicevamo in precedenza non è essenziale che ci sia un contratto scritto tra appaltatore e committente perché è la commissione dell’opera stessa che ha generato il rapporto tra le parti che portando ad accettare un contratto verbale.
Nel caso dell’appalto, infatti, è prevista anche la forma libera in cui gli elementi portanti sono gli obblighi, ovvero:
- il committente deve pagare per i lavori;
- la ditta deve eseguirli.
Se una delle due parti non rispetta il contratto, anche se verbale, l’altra parte ha diritto a tutelarsi.
Lavori non terminati, quali strade prendere?
Intanto, qualora ci si accorga che la ditta non sta rispettando il termine di consegna dei lavori ultimati, si potrebbe pensare di sostituire entro tempi molto brevi l’appaltatore. In questo modo, trovando un’impresa più celere ci potrebbero essere possibilità più alte di portare a termine di lavori entro il termine previsto. Questa ipotesi, però, sembra abbastanza improbabile per riuscire a portare a termine i lavori iniziati entro fine anno, visto che, ormai, mancano poche settimane alla scadenza prevista.
In alternativa, invece, si potrebbe anche far leva su eventuali penali previste dal contratto nel caso la ditta edile non rispetti i tempi pattuiti per la consegna dei lavori ultimati. È sempre bene prevedere questo tipo di penali nel contratto perché i ritardi, soprattutto nel caso del Superbonus 110%, potrebbero creare un grave danno al committente come la perdita del beneficio fiscale a cui si sta andando incontro per la fine dell’anno.
Quando si può non pagare la ditta edile?
L’impresa edile ha degli specifici obblighi nei confronti del committente e la fiducia tra le parti che si instaura al momento della commissione può venire meno se una delle due non rispetta il compito che si è assunta. Da una parte il committente si impegna a pagare per i lavori che si stanno effettuando, dall’altra, però, la ditta edile si obbliga a eseguire gli stessi entro termini stabiliti.
L’articolo 1455 del codice civile prevede che quando la ditta non porta a termine i lavori entro i tempi stabiliti o quando la stessa abbandona le opere che si stanno eseguendo senza portarle a termine (cosa accaduta non di rado con il superbonus), il contratto, anche se solo verbale, può essere risolto. Per poterlo fare il committente deve provvedere a intimare, in forma scritta attraverso una diffida, la ditta ad adempiere ai propri obblighi entro un determinato termine (che non può essere inferiore a 15 giorni). Decorso questo termine il contratto si considera risoluto.
Con la risoluzione del contratto il committente può evitare di pagare la parte di lavori non eseguita. Se ha già versato un acconto per questi lavori, invece, può ottenere la restituzione per quanto pagato per l’inadempimento.
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